Calendario 2025
GIUGNO 2025 - Come reclutare i giovani?
Bella domanda. Anche perché prima bisogna chiarire chi intendiamo per “giovani”. La Generazione Z comprende i nati tra il 1995 e il 2009: c’è una bella differenza tra il neodiplomato che si affaccerà al mondo del lavoro tra qualche settimana e il trentenne già inserito in azienda da anni. Eppure, spesso li mettiamo tutti nello stesso calderone.
Ma è proprio vero che bisogna “reclutarli in modo diverso”?
O forse è il mercato del lavoro – e la società – che sono cambiati per tutti?
Per capirlo meglio, abbiamo chiesto un punto di vista a Chiara Smalzi, selezionatrice di ValtellinaLavoro, che ogni giorno incontra candidati della Gen Z e parla con aziende che cercano (spesso faticosamente) di intercettarli.
Con lei abbiamo provato a smontare qualche stereotipo, leggere i dati reali e raccogliere spunti concreti per tutte le imprese che vogliono davvero capire – e attrarre – le nuove generazioni.

D: Chiara, partiamo dal tema del momento: la Generazione Z. Cosa cercano davvero i giovani nel mondo del lavoro oggi?
Chiara Smalzi: I giovani oggi non cercano solo uno stipendio, ma senso, valori e flessibilità. Il report Deloitte 2025 lo conferma: l’83% della Gen Z italiana ritiene importante che il lavoro abbia uno scopo significativo. Non significa che non vogliano “faticare”, ma che non lo fanno a qualsiasi costo. Vogliono essere coinvolti, ascoltati e valorizzati. Inoltre vogliono un riconoscimento, non solo economico, equo: molti scelgono l’estero perché lì trovano meritocrazia e retribuzioni più alte.
D: Quindi non è vero che “non hanno voglia di fare”?
Chiara Smalzi: È uno stereotipo. Il 70% apprende nuove competenze almeno una volta a settimana. La verità è che non si riconoscono nei modelli gerarchici tradizionali. Cercano autonomia, progettualità e impatto. Vogliono costruire la propria professionalità, spesso anche da freelance, puntando su sé stessi e non sulla “sicurezza” del posto fisso. Quindi sono diversi da noi alla loro età, ma come diceva Einstein: “La misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario.” E’ questo che oggi viene chiesto anche alle aziende.
D: E le aziende italiane sono pronte a questo cambiamento?
Chiara Smalzi: Molte no. Ancora si scartano candidati con percorsi non lineari o si giudica negativamente chi non si adatta subito alle logiche aziendali. Ma la Gen Z rispetta la competenza, non il ruolo. Serve una leadership ispirazionale, aperta al dialogo e all’ascolto. È anche una questione di linguaggio. Ti racconto un esempio concreto: Abbiamo seguito una candidata brillante, seguitissima su Instagram con migliaia di follower. Parla ogni giorno davanti alla fotocamera, recensisce prodotti, dà consigli. Ma quando il cliente le ha chiesto di fare una semplice telefonata, è andata in panico.
È un altro modo di comunicare, di esporsi. Serve tempo, serve accompagnamento.
D: Quali sono gli errori più comuni che le imprese fanno nel reclutamento dei giovani?
Chiara Smalzi: Il primo è pensare che basti “offrire un lavoro”. Oggi, con il tasso di disoccupazione ai minimi storici, i giovani non sono obbligati ad accettare tutto – e lo sanno. I dati parlano chiaro: l’86% cerca equilibrio, il 72% vuole orari flessibili, il 49% valuta il grado di sostenibilità dell’azienda. Il secondo errore è non investire in onboarding. Non si tratta solo di spiegare una procedura aziendale: bisogna accompagnarli, soprattutto nei primi mesi, su aspetti trasversali come la comunicazione interna, le dinamiche di gruppo, ma anche la gestione del tempo. Anche qui un esempio: abbiamo giovani laureati che non sanno come iniziare una mail formale o come si parla con un superiore. Non è incapacità, è un gap che si supera, ma tante aziende italiane si spaventano.
D: E infatti l’emigrazione giovanile è in crescita…
Chiara Smalzi: Sì, dal 2011 al 2023 oltre 550.000 giovani italiani, la maggior parte con titoli di studio ambiti, sono emigrati e non per pigrizia o per capriccio. Ne ha parlato anche il Presidente Mattarella nel suo discorso in occasione della festa dei lavoratori il 1° maggio. Il problema è che non trovano in Italia ambiente, condizioni e visione in linea con i loro valori. L’alternativa per loro oggi è reale, spesso a pochi click o pochi chilometri. Ad esempio se l’azienda accanto propone orari flessibili – e magari lo pubblica in rete – diventa difficile sostenere che “qui non si può fare”. Bisogna superare il mito del posto fisso come unico obiettivo e costruire progetti professionali a medio-lungo termine, se non lo facciamo, continueremo a perdere giovani.
D: Cosa può fare concretamente un’azienda italiana per attrarre e trattenere la Gen Z?
Chiara Smalzi: in sintesi, direi
✅ Comunicare valori autentici, non solo dichiarati ma praticati.
✅ Offrire formazione continua, anche informale, tramite affiancamento e la semplice partecipazione a riunioni.
✅ Concedere flessibilità reale, dove possibile.
✅ Costruire percorsi di crescita, non solo onboarding tecnico.
✅ Comunicare e fare employer branding nei canali giusti: la Gen Z si informa soprattutto in rete, confronta, valuta.
Non si tratta di dare “contentini”, ma di creare un dialogo sincero. Di trattare il giovane come un interlocutore alla pari, perché se non trova spazio qui, lo cerca altrove.
D: Parliamo di un’altra ciriticità, spesso riportato, il ruolo delle gerarchie? Esiste ancora per loro?
Chiara Smalzi: Certo, ma va reinterpretato. La Gen Z non contesta l’autorità, ma chiede che sia autorevole. Non vuole capi che comandano, ma leader che insegnano. Sono portatori naturali di un nuovo modello: fluido, aperto, collaborativo e lo fanno con naturalezza, non come rivoluzione. Lavoro, vita privata, passioni e social network convivono in modo più integrato rispetto al passato e questo si riflette su orari, aspettative e modalità. Tra altro non solo per i giovani, ma vediamo che le loro richieste spesso fanno da “apripista” per le generazioni più senior che – in fondo – non hanno aspettative così differenti.
D: Se potesse dare un consiglio a un imprenditore che “non capisce i giovani”, quale sarebbe?
Chiara Smalzi: Gli direi: smettila di aspettarti che si adattino a te. È tempo di crescere insieme. Cambiare non vuol dire stravolgere tutto, ma essere aperti a soluzioni alternative. La vera differenza la fa l’ascolto e il rispetto reciproco. Chi costruisce un ambiente autentico e rispettoso, non solo trattiene i giovani, ma attrae anche i migliori!
Grazie Chiara per questi spunti.
Comprendere è il primo passo. Agire è il secondo. Se attrarre i giovani oggi è una sfida, farlo con consapevolezza, metodo e strumenti adeguati è la vera opportunità. Come abbiamo visto, non si tratta solo di selezionare: serve ascoltare, formare e adattare la cultura aziendale a un mercato del lavoro che è cambiato per tutti.
In ValtellinaLavoro e con Talents4Business, affianchiamo le imprese non solo nel trovare i candidati giusti, ma anche nel costruire strategie di recruiting efficaci, nel formare il team interno ad accogliere e valorizzare i nuovi ingressi e nel tradurre le esigenze aziendali in comunicazione credibile verso le nuove generazioni.
👉 Se vuoi costruire una strategia di reclutamento davvero efficace e sostenibile, parliamone insieme.
Ti aspettiamo!
Valerie Schena Ehrenberger e il team di
Valtellina Lavoro e Talents4Business
Valerie Schena Ehrenberger, Claudio Bormolini, Chiara Smalzi e Giorgia Grigis
Approfondimenti – NEWS – Aggiornamenti ⤵

Presidenza ECSSA
Valerie Schena Ehrenberger è stata confermata presidente di ECSSA, la Confederazione Europea delle Società di Ricerca e Selezione Personale ed Executive Search! Un onore per noi! Ad maiora 💪

Report GenZ e Millennials
Report di Deloitte sul comportamento e aspettative della Generazione Z e dei Millennial.

🎙️Podcast
Riprendono i nostri podcast con ospiti di rilievo, pronti a confrontarsi con Valerie Schena Ehrenberger sulle sfide e i temi più attuali nel mondo HR e Recruiting.

3 incontri con Ripartiamo
Qui il link al replay dei 3 incontri dedicati all' "Incognita mercato del Lavoro":
- 29/4: dove sono i giovani?
- 15/5: intelligenza artificiale
- 29/5: conviene investire nel benessere del collaboratore?